Eroi – Daniele Barbero “Sono riuscito a trasformare la mia paura in incoscienza e forza di volontà”.
Voglia di crederci, coraggio e forza nel riuscirci! Queste parole descrivono al meglio il protagonista della nostra intervista: Daniele Barbero. Nato a Ventimiglia il 2 Settembre 1971. Una mattina del 1999, Daniele, recandosi in Francia in sella alla sua moto, incappò in un bruttissimo incidente. Venne ricoverato in gravi condizioni, restando in coma per diversi giorni ed infine uscì dall’ospedale dopo ben dodici mesi, con l’arto inferiore destro amputato sopra il ginocchio.
Nonostante questo, Daniele Barbero è riuscito a tornare in sella ad una moto grazie alla passione per le due ruote. Nel 2014 ha ottenuto la licenza per partecipare alla Coppa Italia, insieme a piloti normodotati, disputando prove su circuiti famosi e di prestigio. Ha ottenuto grandi soddisfazioni come la doppietta a Vallelunga.
Di assoluto rilievo la sua partecipazione alla 24 Ore di Le Mans tra i normodotati con lo Special Team Ducati , con l’appoggio di Jacopo Zizza e sua moglie.
Daniele Barbero ha conquistato inoltre il titolo del Campionato Italiano Di.Di classe 1000.
A quanti anni hai iniziato ad andare in moto?
“Io sono un autodidatta e mia madre non voleva che andassi in moto. Diventato grande, mi piaceva però andare alla pista di cross nel paese vicino al mio per vedere i piloti esperti andare in moto. Ero felice mentre li guardavo girare, sperando e provando ad imitarli, di solito con risultati disastrosi”.
Ricordi qualcosa del tuo incidente? Qual’è stato il tuo primo pensiero a riguardo?
“Io non ricordo niente del mio incidente, soltanto che con fatica chiesi al dottore dell’ospedale di Nizza se sarei riuscito ad andare nuovamente in moto. In seguito mi venne spiegato meglio quanto successo. Il dottore per non deludermi mi disse di si e da quel giorno fu un pensiero fisso nella mia testa. Io volevo tornare a correre in moto. Questo mi ha aiutato molto a superare tutti i vari problemi fisici. Molto lo devo anche alla mia famiglia che mi è sempre stata vicina, su ogni mia decisione. Volevo lasciarmi tutto alle spalle”.
Raccontaci il tuo percorso di recupero e la decisione di tornare in moto.
“Dopo essere uscito dall’ospedale, di nascosto provavo a guidare il motorino di un amico, e contro tutti, sono riuscito a prendere uno scooter. In seguito ho deciso di prendere la patente per la moto, ma mi è stata negata perché a quel tempo non esisteva. Mi consigliarono di sfruttare la legge europea appena uscita. Lavorando in Francia ho quindi spostato la mia residenza fiscale e mi sono iscritto ad una scuola giuda. Non era affatto semplice come cosa: ho dovuto studiare il francese ed ho fatto un esame di guida a Nizza nel caos più totale. Dopo una marea di ostacoli e con uno sforzo immane, sono poi riuscito a prendere la patente che poi ho convertito in Italia. Per me era fondamentale, era la mia vera passione”.
Daniele Barbero come ti sei avvicinato all’ Associazione Di.Di?
“Chiaramente una volta assicuratami la patente è stato tutto più semplice. Sempre in quel periodo, ho avuto l’opportunità di conoscere Virginio Ferrari che mi ha presentato i vari ragazzi dell’associazione Di.Di Diversamente Disabili. Mi hanno proposto di correre in pista insieme a loro. Grazie ai miei amici e alla famiglia che mi hanno sostenuto, ho provato inizialmente una Suzuki 1000: con grande sorpresa e facilità giravo in tempi ottimi. Con coraggio, ed un pizzico di incoscienza, ho intrapreso la stagione. Un sogno che si è realizzato, tanta emozione, mi sentivo pieno di energia come non mai”.
Quali sensazioni provi quando sali in moto?
Io ero disposto a morire per cambiare la mia vita, sono riuscito a trasformare la mia paura in incoscienza ed in forza di volontà.
Era l’unico modo possibile, ognuno poi la vede a modo suo. Parlo per me, dal mio punto di vista è una cosa molto soggettiva. Io ringrazio tutti quelli che mi sostengono: i miei datori di lavoro che mi danno dato anche un aiuto finanziario, i miei amici e tutti i miei piccoli sponsor senza i quali non potrei fare niente”.
Pensi che possa crescere ulteriormente il movimento dei piloti Di.Di?
“Sicuramente si, lo spero vivamente. Se ripenso al mio primo anno nel 2013 eravamo veramente pochi. Adesso invece siamo circa 35/40 piloti. Emiliano Malagoli e Chiara Valentini sono i fondatori di tutto questo, i risultati hanno attirato tantissimi giovani ragazzi che chiedevano informazioni. È cresciuta in maniera esponenziale la richiesta. Inoltre è stato necessario creare un metro di misura per accertare l’idoneità dei vari piloti per questioni di sicurezza, organizzando visite medico sportive e corsi formativi con persone di esperienza”.
Quale messaggio lanceresti a ragazzi che hanno avuto problemi simili al tuo e vogliono affacciarsi in questo mondo?
“Quello che posso dirgli è di non mollare mai, tutto è possibile, basta soltanto crederci. Ad esempio, in pista ci sono ragazzi che corrono senza un occhio o un braccio quindi non pensate che tutto sia finito. Io non tornerei mai indietro, rifarei le stesse identiche scelte prese. Ho ripreso fiducia in me stesso dopo l’incidente e non mi sono mai dato per sconfitto. Prima di iniziare questa lunga avventura non avevo quasi più una vita sociale, il mio handicap mi teneva fuori da possibili rapporti personali, ora è tutto diverso. Sono fiero di ciò che ho fatto”.
Andrea Periccioli