Le stelle, si sa, brillano ed indicano la via. I tifosi di auto e moto hanno davvero bisogno delle stelle, dei personaggi, per orientarsi nelle proprie passioni?
Dall’articolo Moto VS Auto è scaturito un interessante dibattito. E’ da tanti anni che un pilota italiano non vince in Formula 1 mentre in MotoGP i successi italiani sono quasi una costante quindi è normale che nelle due ruote ci siano molti più piloti da tifare. In più c’è il fattore Ferrari, com’era emerso anche nell’altro articolo, che toglie visibilità ai piloti italiani.
“In pista i piloti italiani sono stati sempre troppo oscurati dalla Ferrari – sottolinea l’ex pilota della Le Mans Series Enrico Muscioni – Sebbene ci siano stati piloti molto forti e allo stesso tempo potenziali personaggi pubblici di rilievo, non hanno mai avuto abbastanza possibilità per emergere. Credo che Liuzzi oltre ad essere un grande pilota sarebbe stato un personaggio di grande rilievo se avesse avuto le possibilità di correre ad alto livello. Fisichella ha ben figurato in pista ed era allo stesso tempo un bel personaggio ma è sempre stato limitato dalla presenza della Ferrari. Non conosco bene Giovinazzi e non ho seguito a fondo la sua carriera ma ne parlano davvero bene. Mi sembra però che, rispetto alle generazioni provenienti dal kart degli anni 80/90 e 2000, i piloti oggi arrivano in Formula 1 come dei veri sconosciuti. Forse perché la maggior parte arrivano li non per questione di talento ed anche chi ci arriva per quello non riceve le giuste attenzioni”.
In effetti è esattamente così. In questo riveste un ruolo fondamentale la stampa, come evidenzia la nota giornalista Alice Margaria.
“Sono convinta, da sempre, che fra i piloti e comunque fra TUTTI i personaggi del circus che gravitano intorno al mondo delle corse, ci siano potenziali personaggi, basterebbe (parlo da giornalista) avere l’umiltà di voler conoscere bene tutti, nel profondo.
Basterebbe amarli tutti professionalmente, cercare di capire il loro punto di vista, capire le dinamiche delle loro scelte, delle loro reazioni, intervistarli, leggere le loro biografie, conoscere il loro vissuto.
Era poi quello che facevo, da appassionata, quando per quattro anni sono stata la telecronista su La3 di MotoGP, 125, 250 e WSBK. Solo così scopri che a modo loro sono tutti personaggi o “contropersonaggi”. Per “contropersonaggi ” intendo tutti coloro che apparentemente non sono personaggi, per come lo si intende nel senso più classico del termine: vistosi, caciaroni, possibilmente divertenti, forti in pista ecc. I contropersonaggi sono altrettanto importanti per lo spettacolo, perché è grazie a loro se i personaggi, nel contrasto con essi, trovano terreno fertile e consensi nello spettatore. Per cui, tutti sono importanti, ma perché esca un personaggio è fondamentale la qualità di visibilità che noi giornalisti gli dedichiamo.
Siamo noi, che ci occupiamo direttamente o indirettamente della loro comunicazione e della visibilità, che dovremmo mettere da parte le nostre simpatie personali ed essere più leali e bilanciati nel trasmettere questo tipo di messaggio, lasciando che sia il pubblico a decidere a chi appassionarsi di più. Concentrarsi solo su uno, o su due piloti, per me, non è fare un lavoro onesto di giornalismo ed è un gravissimo errore, non solo deontologico, ma anche oggettivo: se punti tutto su un cavallo, quando questo si azzoppa poi sei nei guai”.
Flavio Atzori concorda con quanto emerso nell’ articolo della settimana scorsa ed evidenzia l’importanza di un dibattito su questi temi.
“Ho letto l’articolo e sono pienamente d’accordo, su ogni fronte. Il discorso va affrontato su vari fronti: tifosi da un lato, piloti o futuri tali dall’altro. L’automobilismo ha una base sociale e culturale diversa dalle moto. Inoltre, la Ferrari ha calamitato l’attenzione. Manca una cultura della passione per tutte le competizioni in Italia è vero, ma anche perché l’accesso e la promozione sono cancelli semi chiusi. Un tifoso dunque ha “vita facile”. Tifa Ferrari in Formula 1 e pace. Perfino il WEC in Italia ha poco seguito, figurarsi la Formula 2. Se pensi che anche Giovinazzi in Formula 1 non ha così seguito.
Serve una comunicazione epica, narrativa, coinvolgente.
C’è anche un retaggio di nuova generazione appassionata che però sta entrando prepotentemente. Lato piloti, beh. I costi li conosciamo. Sui media: il racconto epico di un centauro come cavaliere del rischio è più facile. Un pilota moto è giovane sempre, e se invecchia è un vecchio leone. Un pilota auto? Guarda su Pirro. Uno che ha vinto tutte quelle Le Mans. Allora forse dovremmo iniziare a raccontare anche noi un’epopea diversa. Comunicazione coinvolgente, dunque, ed azioni rivolte ai giovani. Non mi piacciono gli influencers ma gente come Naska e Luca Salvadori avvicinano le nuove generazioni”.
Probabilmente è proprio questo il punto. I ragazzi si identificano nei centauri e non nei piloti di auto, come sottolinea Federico Toti, voce di Eurosport assieme a Giovanni Di Pillo.
“Personalmente credo che gli aspetti siano almeno due: i piloti di auto non godono del sistema Valentino e della “visibilitá riflessa” che questo crea. Le formule minori dell’automobilismo hanno poca visibilitá e anche la Formula 1, al di la di un paio di personaggi, non desta molto interesse. Credo che di base il problema sia la capacitá di identificarsi di un fan: con le moto grazie a Valentino si sente ancora la vicinanza, con le auto si è perso il contatto con la base”.
Il 25 agosto Luca Ghiotto parteciperà ad un’interessante iniziativa del Vicenza Kart Indoor. Le manifestazioni di questo tipo sono fondamentali per avvicinare il pubblico ai piloti, per ridurre le distanze ed alimentare la passione autentica per l’automobilismo.
Marianna Giannoni