Davide Bulega è uno tra i personaggi di amati del mondo dei motori ma è anche conosciuto per la sua schiettezza. È stato un buon pilota poi un ottimo team manager, oggi è il direttore commerciale del Team Italtrans Moto2 e soprattutto il papà di Nicolò Bulega.
Davide, partiamo dagli inizi. Raccontaci il tuo passato.
“All’età di 14 anni, ho lavorato presso una azienda agricola per la raccolta dei pomodori, a 16 anni in fabbrica nella catena di montaggio in una azienda che produceva pulivapor poi ho fatto il meccanico apprendista presso l’azienda di famiglia che si occupava di revisioni di grandi autogru e di carpenteria pesante.
Finalmente dal 1989 al 2001 ho fatto il pilota di motociclismo diventando dal 1995 al 2001 la mia professione. Nell’anno del mio debutto, il 1989, sono diventato Campione Italiano 125 Sport Production. Nel 1994 3° nel Campionato Europeo 250cc con il team Italia. Nel 1997 mi sono laureato Campione Europeo 250 e vice Campione Italiano. Ho partecipato nel Mondiale 250 negli anni 1995-1996-1998 con una moto standard e i risultati intorno alla metà classifica. Erano 12 i piloti ufficiali all’epoca”.
Poi sei diventato team manager. Com’è nato il Team Lightspeed?
“Lightspeed nacque in aereo mentre io e mio padre nell’ottobre 1999 volammo a Tripoli, in Libia, per incontrare un figlio di Gheddafi e il presidente della Federazione auto/moto Libica perché sembrava che a Sirte nascesse un circuito che noi come famiglia Bulega avremmo dovuto gestire.
Avevamo in testa il progetto, avevamo idee molto chiare ma di fatto non avevamo una azienda. Poco prima di atterrare ci chiedemmo che nome presentare alla famiglia Gheddafi e ci venne in mente “Lightspeed”. Purtroppo la storia recente ha voluto che tutto finì in fumo per i fatti noti a tutti della Libia e della famiglia Gheddafi.
Lightspeed ha partecipato al CIV e nel 2003 ha firmato il primo accordo con Kawasaki Italia come team di riferimento. Eravamo in vacanza io e mio padre. All’epoca nel CIV la facevano da padrone Yamaha, Ducati e Honda… Mio padre mi disse, “Chiama la Kawasaki”.
Io “Papà, la Kawasaki ha un modello che quando uno fa le curve, lascia la coppa dell’olio nei cordoli” lui “Chiama Kawasaki! Non possono stare li a guardare senza fare nulla. Chiamai in Kawasaki, parlai con l’Ing. Poli e mi confermò che c’era interesse perché sarebbe arrivato da li a poco il modello nuovo e volevano investire nelle corse.
Da quella telefonata, rientrai dalle ferie e incontrai i dirigenti Kawasaki a Milano e da quel incontro feci l’accordo che durò da 2003 al 2007.
Nel 2006 scoprii Davide Giuliano, grandissimo talento. Feci anche il suo manager personale, e ovviamente correva per il mio team. Lui e la sua famiglia erano difficili da gestire, io forse troppo giovane per farlo. Probabilmente un conflitto d’interessi quando il team manager è anche proprietario del team ma credimi fu tutto fatto con estrema passione e buona fede. Diciamo che riconosco i mie errori, se oggi fossi un team manager oggi, avrei sicuramente le idee più chiare. Con Davide Giuliano ci lasciammo molto male ma al Mugello quest’anno, al suo debutto come giovane team manager, ci siamo abbracciati. Tra persone intelligenti, non si porta rancore”.
Il team ha iniziato subito a vincere
“Nel 2004 ha vinto il campionato Italiano Supersport con Migliorati e Kawasaki Italia ha promosso il team nel Mondiale SS supportandolo ufficialmente.
Nel 2006 Kawasaki Italia ha deciso di fare supportare il team Lightspeed da Kawasaki Motor Europe con l’impegno di debuttare nel Campionato del Mondo.
Nel 2007 Lightspeed è stato promosso dal presidente Tamura di Kawasaki Motor Europe, team ufficiale, infatti Kawasaki oltre a dare il supporto economico adeguato, ha garantito la fornitura dei motori ufficiali”.
Le belle favole però non durano a lungo…
“Il 21 maggio 2007 il mondo dello sport ha pianto mio papà, il Cav. Bruno Bulega. Si è spento improvvisamente a causa di un malore.
Io mi sono trovato così a dover gestire un team motociclistico a livello mondiale e l’azienda di famiglia nata negli anni 80, la Crane Service International di cui però grazie solo alla quotidiana frequenza con mio papà Bruno, avevo solo alcune conoscenze basi. Mi sono trovato a gestire personale in Algeria, Congo, Marocco, Danimarca e gestire commesse con importati aziende come Saipem, ENI, Danieli, Micoperi, Fagioli, Sarens, Mammout, Impregilo, e tante altre.
L’impegno era troppo e con grande dispiacere decisi di chiudere la mia “creatura” il team Lightspeed Kawasaki Supported per dedicarmi al 100% all’azienda di papà.
Intanto, dopo la scomparsa di mio padre, io mia moglie e mio figlio decidiamo di trasferirci in Romagna dove tuttora viviamo.
Nonostante la poca esperienza, il primo triennio (2008-2009-2010) ho chiuso tre bilanci in crescita e mi sono appassionato all’azienda. Ho firmato un contratto di dealer in esclusiva per l’Italia prima con la PVE (azienda leader nella commercializzazione e nel noleggio di grandi gru), e successivamente con la Indusmarket crane.
Dal 2007 al 2013 ho gestito e amministrato la ditta di papà dando continuità al grande lavoro fatto in quarant’anni di lavoro. Purtroppo la crisi economica che ha colpito il nostro paese non ha risparmiato neppure un’azienda con 40 anni di storia e, complici anche gli ottimi risultati di mio figlio, ho deciso di mettere in liquidazione l’azienda per seguire Nicolò.
Non ho mai mollato mio figlio, curandone tutti gli aspetti contrattuali, di comunicazione sui social media e tante altre cose che si fanno dietro le quinte.
Parliamo ora di Nicolò. Iniziamo dai momenti più felici…
La nostra famiglia ha fatto tanti sacrifici, ci siamo umiliati, abbiamo chiesto una mano a mezzo mondo, ci siamo spogliati di tutto, abbiamo perso il lavoro per portare avanti il nostro sogno, si nostro… avete capito bene. Devo essere onesto, a parte le stagioni 2017 e 2018, Nicolò ha portato a casa un sacco di soddisfazioni. Il 2015 quando vinse il CEV con il numero 46 di Vale fu un goduria pazzesca.
Quell’anno pochi sanno che Nicolò era il collaudatore della Ktm che era in difficoltà nel Mondiale, ad ogni gara provava anche 2-3 telai: forcelloni e tantissimo materiale tant’è che nel weekend di gara non ha mai avuto per due turni consecutivi la stessa moto ma erano gli accordi. Lui ci mise tanto del suo! Emozionava! A Valencia, all’ultima gara, aveva qualche punto di vantaggio su Canet, Mir e Arenas. Doveva stare davanti e lo ha fatto! Rischiando ma ha fatto quello che doveva fare, mica facile! Io svenni. Troppo, così era troppo.
Anche il 2016 al suo debutto, arrivava in piste mai viste e al primo turno delle libere del venerdì spesso faceva anche il primo tempo o comunque sempre tra i primi. In Qatar alla prima gara a 5 giri dalla fine andò in testa. Ero incredulo. Perse la volata per la vittoria solo per inesperienza. Ecco, per questo è valso la pena fare qualsiasi sacrificio. Rifarei tutto altre 100 volte”
La VR46 ha dato tantissima visibilità a Nicolò ma forse troppa. Dall’esterno si ha la sensazione che sia stato esaltato all’ inverosimile poi dimenticato.
“Quando all’esordio un pilota giovanissimo e spensierato debutta come ha fatto Nicolò nel 2016…è un casino. lo dissi subito alle persone vicine a me. “Ora se non vince ci massacrano” la gente poi non fa sconti, purtroppo i social hanno dato voce a tutti nel bene e nel male ovviamente. Personalmente ho sempre cercato di tenere mio figlio con i piedi per terra, purtroppo mi sono reso antipatico quindi ho fatto 2 passi indietro e ho guardato le ultime stagioni quasi da spettatore.
Certamente correre per Valentino nel team Sky, per quanto loro a mio parere sono stati molto bravi nel tutelarlo e proteggerlo, da una visibilità a volte sproporzionata e quando i risultati non arrivano, è un boomerang tremendo per il pilota.
Nicolò a 15 anni era già 3 volte Campione Italiano, una volta Campione Europeo e Campione del Mondo Junior… Aveva un palmares incredibile. A 16 anni al debutto ha lottato fino al trittico di fine stagione per il 3° posto nel mondiale! Poi l’hanno fatto cadere 3 volte con rottura dei legamenti di una spalla che oltre ad avergli fatto perdere il titolo dì rookie of the year che aveva dominato per tutta la stagione con Mir come avversario, è dovuto per queste ragioni scivolare in 7° posizione nel campionato del mondo.
Il 2017 ed il 2018 sono stati due anni da dimenticare.
“Il 2017 doveva essere l’anno della sua consacrazione, i giornali scrivevano fiumi di articoli dove lo davano come il nuovo Rossi, così come oggi lo stanno facendo con Celestino Vietti. È stato caricato di aspettative ma la Ktm in quella stagione era evidentemente meno competitiva della Honda tant’è che a parte la gara vinta al Mugello da Migno, i piloti Honda per tutta la stagione hanno occupato i primi 5 posti della classifica ad ogni gara. Poi quell’anno il suo capo tecnico di fiducia Claudio Macciotta, ebbe dei problemi di salute e successivamente ci fu la scomparsa.
Umanamente è stato un brutto periodo per Nicolò.
Nel 2018 da contratto, Nicolò doveva passare in Moto2 sempre con il team Sky ma l’amarezza di non avere raccolto i risultati sperati in Moto 3 era troppo forte, tant’è che dopo alcune riunioni con il suo management VR46, si è deciso di comune accordo che avrebbe riprovato per la terza stagione in Moto3 e il debutto in Moto2 era solo rimandato a quest’anno. Purtroppo abbiamo sbagliato.
Nicolò non si è mai trovato con la moto e con il suo tecnico e, complice la sua statura e peso, oltre sicuramente ad alcuni infortuni di troppo, hanno fatto quella del 2018 la peggior stagione di sempre. Per quanto riguarda la stagione in corso, se guardate i tempi che fa in prova, dimostrano che il suo talento è rimasto intatto, purtroppo è sempre nel posto sbagliato nel momento sbagliato è sinceramente un po’ sfortunato. Ma è molto molto veloce come esordiente. Quindi le prospettive se affina alcuni aspetti, per me sono interessanti. Per quanto riguarda la collaborazione tra Nicolò e VR46 uscirà presto un comunicato ufficiale.
Se tornassi indietro quali sono gli errori non commetteresti?
“Avere tenuto Nicolò un anno di troppo in Moto3. Oltre a VR46, io sono evidentemente un suo consigliere privilegiato. Alla fine quando è stato ora di decidere se passare come da contratto in Moto2 nel 2018 o rimanere un altro anno in Moto3, io sbagliando, gli ho consigliato che era talmente giovane che fare un anno in più in Moto 3 era buona cosa. Ho sbagliato e sono incazzato nero con me stesso. Preciso che non ho deciso io, eravamo tutti d’accordo ma sono incavolato con me stesso perché io avrei dovuto guardare più avanti, invece…“
Come vivi ed hai vissuto il motociclismo da padre di un pilota?
“Di m…. No vabbè, diciamo che sono molto più apprensivo di quando correvo io. Si invecchia molto velocemente. Quasi logorante direi. Però, quando vedo felice mio figlio lassù sul podio, riprovo le mie emozioni e allora se lui è felice io condivido la sua scelta e sua felicità. Condivido però anche le sconfitte, sto male settimane. Quando va male forse sto come lui.
Qualcuno dice che sei un papà scomodo.
“A si? (ride) Sai, a volte, per alcuni team, il pilota ideale dovrebbe essere orfano. Non entro nei box, non mangio in hospitality, non parlo con i meccanici, non vado in sala stampa e lavoro per un team concorrente… Spesso capita che mamma chioccia dica una fesseria nel paddock, magari per interesse, e tutti i pulcini a dietro. Io sono sereno”.
Quali consigli daresti ai genitori con i figli che vogliono fare i piloti?
“Di comprargli un bel pallone e due scarpette da calcio. Scherzo. Dipende dai casi. È molto complesso come consiglio, è molto personale, dovrei capire ogni singolo caso. A me dispiace solo vedere genitori a volte benestanti spendere valanghe di soldi per dei figli che non hanno il talento. Non ci sarebbe neppure nulla di male, se non che illudi il figlio per nulla. Ho creato un team di professionisti apposta, il Progetto JNB è nato appunto per studiare ogni singolo caso”.
In cosa consiste la tua attuale attività di management?
“Vorrei fare una premessa importante. Io ed i miei collaboratori non abbiamo bisogno di vivere su questo progetto. Abbiamo ognuno di noi professioni avviate e quindi stiamo dando un servizio con divertimento e passione, a pagamento certo, però diciamo che non facciamo parte di quelli che esigono soldi facili.
Alcuni mesi fa mi era venuta voglia di offrire assistenza tecnica alle famiglie nella contrattualistica tra team e pilota.
Poi ho avuto la fortuna di conoscere dei professionisti molto interessanti con i quali abbiamo esteso i nostri servizi a tutti gli sportivi in generale, auto, moto, tennis, ciclismo etc etc., servizi che consentono ai nostri assistiti di potersi avvalere di un’equipe di professionisti in grado di seguire al meglio l’atleta ed il proprio entourage sotto tutti gli aspetti, dalla preparazione atletica all’alimentazione, dalla parte contrattualistica a quella fiscale, senza tralasciare ovviamente la comunicazione.
Il Progetto JNB può accompagnare in modo professionale e completo lo sportivo nel corso della sua attività, sul campo e fuori, consentendogli di ottimizzare le proprie doti e le proprie risorse per il raggiungimento dei migliori risultati possibili.
Per farlo potrà scegliere di usufruire di tutti i servizi offerti da JNB, oppure solo di quelli che gli sono necessari, avvalendosi quindi solo di alcuni degli esperti che compongono la squadra da me coordinata”.
Di cosa ti occupi principalmente oggi?
“Il mio impiego è di direttore commerciale del Team Italtrans Moto2. Nella stagione 2019 la mission principale è quella di pormi obiettivi realistici e raggiungerli con determinazione, serietà e motivazione per far crescere il più possibile il team Italtrans, generando entrate economiche per l’organizzazione.
Conosco il team da molti anni ovviamente, ma non avevo mai avuto rapporti con la dirigenza. L’estate scorsa, per puro caso in vacanza, ho conosciuto Laura Bertulessi, titolare di Italtrans, quello è stato il primo contatto; da cui poi la reciproca conoscenza si è approfondita ed è approdata alla collaborazione, nata costruendo un rapporto paritario basato sul rispetto e sulla fiducia reciproca. Concetto davvero nobile.
Sono felice inoltre di mettere a disposizione del team le mie competenze nel motociclismo unite alle mia personalità amichevole, potrò occuparmi delle relazioni pubbliche con ospiti e sponsor per sviluppare, mantenere e migliorare le relazioni e fidelizzare gli sponsor.
Nella tua lunga esperienza cosa hai amato e cosa hai odiato di più del motociclismo?
“La vera ragione per cui amavo il motociclismo era la velocità, l’adrenalina che solo la moto mi sapeva offrire. La soddisfazione i salire sul gradino più alto del podio e andare a letto la sera pensando a quanto eri stato un eroe per chi ti era venuto a vedere a quanto più bravo eri stato degli altri. Mi faceva stare bene, mi dava felicità. La cosa che ho odiato e che mi ha fatto smettere, sono stati i millantatori, gli ultimi team per cui ho corso, dei truffatori. Mi hanno fatto passare in parte la passione”.
Marianna Giannoni
Foto di repertorio