Passione, semplicemente, passione. La passione è quel carburante straordinario che riesce a fare volare anche un vecchio Talbot Lotus. Stefano Rosati è un autentico appassionato, un pilota d’altri tempi.
La sua storia fonda le sue radici nella leggenda, anzi, in una leggenda dello sport mondiale.
“Sono originario di Rimini e mio padre era amico fraterno di Renzo Pasolini – racconta Stefano – Quando ero molto piccolo Pasolini era di casa. Dopo la sua morte, sono cresciuto nel mito di questo grande campione. Sarei voluto diventare un pilota di moto ed ho partecipato a qualche gara in pista ma a 18 anni ho avuto un grave incidente. Ero con una Vespa, andavo pianissimo, stavo andando a ritirare la mia prima auto. Da quel giorno, basta con i mezzi a due ruote. Era impossibile, però, rinunciare alla passione per i motori e così sono passato alle auto”.
Quando hai partecipato al tuo primo rally gara?
“Nel 1986 e poco prima c’è stato l’incontro con il mio navigatore Sergio Toccaceli. Ero ad una festa di paese. Mia moglie lavorava assieme a quella di Toccaceli ed abbiamo incominciato a chiacchierare di rally. Di lì a poco ci sarebbe stato il Rally dei Castelli e lo volevamo fare entrambi. Lo abbiamo fatto con un Talbot stradale. Da quel giorno abbiamo sempre corso assieme. Il sedile di destra non si tocca, è di Sergio. Per me è come un fratello. Tra l’altro ho visto crescere suo nipote Bryan ed al Circuito Rally lo porteremo a fare un giretto”.
A quante gare hai partecipato?
“Onestamente non mi ricordo. All’inizio partecipavamo solo al Rally dei Castelli. Abbiamo poi fatto un Rally di San Marino valevole per l’Europeo. Eravamo secondi della nostra categoria poi ci squalificarono per una nostra ingenuità – non avevamo messo la zavorra – è comunque un bel ricordo. Nel 1993 invece il grande salto”.
Hai preso il tuo celebre Talbot Lotus.
“Apparteneva a Graziano Rossi, il padre di Valentino. Lo utilizzava nella sua vecchia cava, per andare nei campi. Era una macchina semi distrutta. Ora, dopo 35 anni, è nel suo massimo splendore”.
Stefano Rosati sembra quasi emozionato mentre parla della sua macchina, con lei ha un rapporto speciale. Enzo Ferrari diceva che le auto hanno quasi un germoglio di vita e la sensazione è proprio questa.
“Ho lavorato tantissimo a questa macchina per farla diventare com’è ora. Io, Sergio e la Talbot Lotus. Siamo quasi un tutt’uno. Ci chiamano a gareggiare un po’ da tutta Italia e ci chiediamo il perché. Siamo felici e sorpresi ma perché invitano proprio noi?”.
Voi date spettacolo, come fa anche Paolo Diana.
“Noi ci divertiamo ed in questo modo facciamo divertire gli altri. L’essenziale è la passione, l’entusiasmo. A me piace fare un po’ di traversi, dare spettacolo. Non guardo i tempi durante la gara, anche per non rischiare di esagerare in gara. Certo qualche volta ho spinto un po’ troppo ed abbiamo fatto qualche botto ma fa parte di questo sport. Diana è su un altro livello, lo chiamano anche dall’estero. Secondo me è superiore a Ken Block. È più giovane di noi e lo abbiamo visto crescere, siamo amici”.
L’amicizia è un po’ alla base di tutto.
“Tra noi della vecchia generazione si, c’è passione, amicizia e rispetto. Una volta era tutto molto più genuino. Oggi i ragazzi fanno le gare di paese e si sentono già dei professionisti, si atteggiano a campioni e questo non mi piace”.
Stefano Rosati, ora, a 55 anni, quali sono i tuoi sogni?
“Ne ho tanti. Il principale è partecipare ad un Campionato Italiano di Auto Storiche e comunque partecipare a qualche gara importante, per evadere un po’”.
Marianna Giannoni
Foto di Magda Tonini